MEMORIA DEL PADRE GRAZIANO ROSSATO
(1940 – 2006 ).
Il Signore lo ha colto nel cuore della notte come un fiore raro e prezioso degno di essere trapiantato nel giardino del Cielo. Noi accettiamo smarriti la sua scomparsa dall’aiuola della nostra comunità missionaria dove eravamo abituati a godere del suo profumo, dei suoi doni naturali e soprannaturali, prendendogli sempre tutto e lasciandogli solo la soddisfazione di esserci stato utile.
Come per tanti fiori eccezionalmente rari, Graziano era anche un uomo fisicamente fragile, costretto suo malgrado a tenere repressi nella carne e nell’anima progetti umani e apostolici grandiosi che avrebbe voluto esprimere adeguatamente nei suoi delicati compiti di insegnante e di formatore dei futuri sacerdoti, ma che il travaglio di un corpo provato dalla malattia e la sensibilità e la delicatezza di un’anima tentata dal dubbio e rattristata dal fardello delle miserie altrui lo avevano convinto ad accettare anche i suoi limiti personali senza rinunciare a capire e a soffrire. Così capitava che la sua fragilità fisica e la sua timidezza nei rapporti con gli altri lo facessero talvolta apparire distaccato e distratto, malgrado quell’ardore missionario robusto e generoso che gli amici più intimi e i suoi studenti coglievano con stupore mentre dispensava analisi sagge e opinioni profonde sul mondo, sulla Missione, sulle persone e sulle cose.
Mi rincresce di averlo conosciuto troppo tardi, dal giorno che ritornò in Sierra Leone dopo aver trascorso una ricca esperienza di insegnante e di formatore nello studentato saveriano di Zelarino. Mi avevano però raccontato del professore Rossato che quasi vent’anni prima era stato uno dei pionieri del Makeni Teachers’ College voluto dal vescovo Azzolini e realizzato con l’intraprendenza, la competenza e la genialità del P. Romano Rolli. Di P. Rossato avevo sentito parlare anche dai maestri e dagli studenti del College di Makeni che incontravo sul Ferry nell’ora di traversata da Lungi Tagrin a Freetown. Gli aneddoti sulla sua eccezionale memoria, sulla preparazione accurata delle lezioni e sulla sua competenza erano passati da una generazione di studenti all’altra con sincera simpatia. Lui stesso qualche volta ammetterà che quelli erano stati gli anni più impegnativi ma anche i più fecondi della sua attività pedagogica. L’amicizia con i docenti e con molti allievi che avranno in seguito alte responsabilità e mansioni ministeriali nei vari Governi della Sierra Leone prima e dopo la guerra civile, gli aveva lasciato dentro la consapevolezza di non aver seminato invano, anche se noi dovevamo carpire questo schietto sentimento di soddisfazione dai suoi aneddoti intelligenti, dalle facezie raramente irriverenti sui suoi colleghi e dai racconti allusivi di cui mi gratificava mentre gli tagliavo i capelli o quando a sua volta mi serviva da parrucchiere.
Aveva fatto anche il parroco per qualche anno a Kambia e aveva sostituito qualche volta l’amministratore regionale dei Saveriani a Freetown, meritandosi in entranbi i casi un doveroso apprezzamento. Il suo impegno di docente non gli fece mai trascurare le comunità cristiane che si radunavano nelle cappelle della hinterland di Freetown a cui offriva un servizio assiduo, serio e fecondo. Alcuni anni fa era rimasto ferito e rattristato dalla decisione dell’autorità ecclesiastica di affidare ad altri sacerdoti il ministero che lui era abituato ad offrire ai parroci sierraleonesi delle nuove comunità cristiane fondate dagli stessi Saveriani. La sua sollecitudine di pastore e la speciale predilezione per gli ultimi lo avevano spinto ad avventurarsi anche di notte nei quartieri bui e malfamati della Capitale per vedere e capire la vergognosa e precaria esistenza di qualche migliaia di bambini di strada. Gli avevano indicato anche il luogo dove trascorrevano le notti, dove essi bivaccavano ed i vecchi cinematografi dove dormivano sotto la sorveglianza di qualche adulto compassionevole.
I confratelli che frequentavano la Missione di Kissy non era raro che incrociassero nella cappella della Domus, per l’ascolto della messa, una ragazza cieca accompagnata dalla sorella più giovane per le quali P. Graziano si era impegnato a pagare la retta scolastica. Non era neanche raro che incontrassero sotto la pensilina di accesso alla Hall delle povere creature in attesa che tornasse dal Seminario Maggiore. Per lui nessuna lacrima e nessun bisogno dovevano mai restare disattesi o umiliati.
Grazie, P. Rossato, del tuo radicale servizio alla Missione, che hai testimoniato con evangelica semplicità.
P. Vito G. Scagliuso sx
Il Signore lo ha colto nel cuore della notte come un fiore raro e prezioso degno di essere trapiantato nel giardino del Cielo. Noi accettiamo smarriti la sua scomparsa dall’aiuola della nostra comunità missionaria dove eravamo abituati a godere del suo profumo, dei suoi doni naturali e soprannaturali, prendendogli sempre tutto e lasciandogli solo la soddisfazione di esserci stato utile.
Come per tanti fiori eccezionalmente rari, Graziano era anche un uomo fisicamente fragile, costretto suo malgrado a tenere repressi nella carne e nell’anima progetti umani e apostolici grandiosi che avrebbe voluto esprimere adeguatamente nei suoi delicati compiti di insegnante e di formatore dei futuri sacerdoti, ma che il travaglio di un corpo provato dalla malattia e la sensibilità e la delicatezza di un’anima tentata dal dubbio e rattristata dal fardello delle miserie altrui lo avevano convinto ad accettare anche i suoi limiti personali senza rinunciare a capire e a soffrire. Così capitava che la sua fragilità fisica e la sua timidezza nei rapporti con gli altri lo facessero talvolta apparire distaccato e distratto, malgrado quell’ardore missionario robusto e generoso che gli amici più intimi e i suoi studenti coglievano con stupore mentre dispensava analisi sagge e opinioni profonde sul mondo, sulla Missione, sulle persone e sulle cose.
Mi rincresce di averlo conosciuto troppo tardi, dal giorno che ritornò in Sierra Leone dopo aver trascorso una ricca esperienza di insegnante e di formatore nello studentato saveriano di Zelarino. Mi avevano però raccontato del professore Rossato che quasi vent’anni prima era stato uno dei pionieri del Makeni Teachers’ College voluto dal vescovo Azzolini e realizzato con l’intraprendenza, la competenza e la genialità del P. Romano Rolli. Di P. Rossato avevo sentito parlare anche dai maestri e dagli studenti del College di Makeni che incontravo sul Ferry nell’ora di traversata da Lungi Tagrin a Freetown. Gli aneddoti sulla sua eccezionale memoria, sulla preparazione accurata delle lezioni e sulla sua competenza erano passati da una generazione di studenti all’altra con sincera simpatia. Lui stesso qualche volta ammetterà che quelli erano stati gli anni più impegnativi ma anche i più fecondi della sua attività pedagogica. L’amicizia con i docenti e con molti allievi che avranno in seguito alte responsabilità e mansioni ministeriali nei vari Governi della Sierra Leone prima e dopo la guerra civile, gli aveva lasciato dentro la consapevolezza di non aver seminato invano, anche se noi dovevamo carpire questo schietto sentimento di soddisfazione dai suoi aneddoti intelligenti, dalle facezie raramente irriverenti sui suoi colleghi e dai racconti allusivi di cui mi gratificava mentre gli tagliavo i capelli o quando a sua volta mi serviva da parrucchiere.
Aveva fatto anche il parroco per qualche anno a Kambia e aveva sostituito qualche volta l’amministratore regionale dei Saveriani a Freetown, meritandosi in entranbi i casi un doveroso apprezzamento. Il suo impegno di docente non gli fece mai trascurare le comunità cristiane che si radunavano nelle cappelle della hinterland di Freetown a cui offriva un servizio assiduo, serio e fecondo. Alcuni anni fa era rimasto ferito e rattristato dalla decisione dell’autorità ecclesiastica di affidare ad altri sacerdoti il ministero che lui era abituato ad offrire ai parroci sierraleonesi delle nuove comunità cristiane fondate dagli stessi Saveriani. La sua sollecitudine di pastore e la speciale predilezione per gli ultimi lo avevano spinto ad avventurarsi anche di notte nei quartieri bui e malfamati della Capitale per vedere e capire la vergognosa e precaria esistenza di qualche migliaia di bambini di strada. Gli avevano indicato anche il luogo dove trascorrevano le notti, dove essi bivaccavano ed i vecchi cinematografi dove dormivano sotto la sorveglianza di qualche adulto compassionevole.
I confratelli che frequentavano la Missione di Kissy non era raro che incrociassero nella cappella della Domus, per l’ascolto della messa, una ragazza cieca accompagnata dalla sorella più giovane per le quali P. Graziano si era impegnato a pagare la retta scolastica. Non era neanche raro che incontrassero sotto la pensilina di accesso alla Hall delle povere creature in attesa che tornasse dal Seminario Maggiore. Per lui nessuna lacrima e nessun bisogno dovevano mai restare disattesi o umiliati.
Grazie, P. Rossato, del tuo radicale servizio alla Missione, che hai testimoniato con evangelica semplicità.
P. Vito G. Scagliuso sx
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